Con il post di oggi rispolveriamo una vecchia e cara canzone dei Pink Floyd, Wish You Were Here: video, testo e traduzione, con in più uno spunto di riflessione.
Wish You Were Here
So, so you think you can tell Heaven from Hell,
blue skies from pain.
Can you tell a green field from a cold steel rail? A smile from a veil?
Do you think you can tell?
And did they get you trade your heroes for ghosts?
Hot ashes for trees? Hot air for a cool breeze?
Cold comfort for change? And did you exchange
a walk on part in the war for a lead role in a cage?
How I wish, how I wish you were here.
We’re just two lost souls swimming in a fish bowl,
year after year, running over the same old ground.
What have we found?
The same old fears,
wish you were here.
Vorrei tu fossi qui
Dunque, pensi dunque di riuscire a distinguere il Paradiso dall’Inferno,
i cieli azzurri dal dolore?
Riesci a distinguere un campo verde da una fredda rotaia d’acciaio?
Un sorriso da un velo?
Pensi di riuscire a distinguerli?
E loro sono riusciti a farti barattare i tuoi eroi per dei fantasmi?
Ceneri calde per alberi? Aria calda per brezza fresca?
Una fredda comodità per un cambiamento?
E tu hai scambiato una parte da comparsa nella guerra
per un ruolo principale in una gabbia?
Come vorrei, come vorrei tu fossi qui.
Siamo solo due anime perse che nuotano in una vaschetta per pesci;
anno dopo anno, corriamo sullo stesso vecchio terreno.
Che cosa abbiamo trovato?
Le stesse vecchie paure.
Vorrei tu fossi qui.
E oggi, a 35 anni dal testo citato, cosa è cambiato?
Ieri per strada ho incontrato un vecchietto tutto tremante che tendeva il palmo aperto ai passanti. Sul suo bastone faceva fatica a reggersi in piedi, mentre di corsa uomini e donne in eleganti divise entravano ed uscivano dalla banca adiacente alla mano.
Con la nostra indifferenza al suo dolore, può lui essere ancora capace di vedere il cielo terso sul suo capo? La sua mano tesa all’amore non ha certo abbandonato la speranza. Ma noi siamo capaci di accogliere un tale gesto? O siamo forse troppo chiusi nel nostro egoismo per aprire gli occhi ad un uomo che ci ricorda di essere fratelli ancora una volta?
In effetti oggi nessuno fa più caso ad un uomo che chiede aiuto all’angolo di una strada; oramai è divenuta una scena fin troppo abituale che il più delle volte suscita repulsione piuttosto che spirito di solidarietà. Anzi, se ci pensiamo bene, lo spirito di solidarietà non lo ritroviamo nemmeno più di fronte alle catastrofi naturali: ci basta volgere lo sguardo su quanto è successo nell’occasione del terremoto che ha colpito L’Aquila. Altro che solidarietà, quel che è emerso è stato un mero sentimento di egoismo: gli uomini che avrebbero dovuto organizzare i soccorsi, nella loro ilarità, hanno pensato innanzitutto a pianificare le proprie speculazioni sulla tragedia. Altri poi, rubando di tutto, hanno provveduto a ripulire le case inagibili dai ricordi di chi le aveva abitate. E la lista potrebbe essere ancora lunga…
Homo homini lupus, avrebbe detto il buon Hobbes.
Ma è davvero questo lo scopo della vita? la moneta della nostra felicità?
E allora, oggi, «che cosa abbiamo trovato?» Solo «le stesse vecchie paure».
Sì, caro Felice, purtroppo il fallimento totale delle ideologie comunista e socialista, hanno lasciato il campo libero a un capitalismo feroce, dove l’individualismo, il consumismo, la rapacità più estrema conquistano giorno dopo giorno spazi più significativi. Le stesse dottrine religiose sono un pannicello caldo per curare il tumore: nessuno più ne mette in pratica gli insegnamenti. Restano pochi coraggiosi avamposti di solidarietà (le missioni, le associazioni sociali), incapaci però di agire sul sistema nervoso della nostra società, che si sviluppa in ben altri luoghi, soprattutto virtuali (tv, Internet, ecc.), e in direzione di ben altri lidi morali (la dittatura dell’immagine e del business). Temo che una rivoluzione si possa innescare solo al prezzo di gravose tragedie socioculturali, quando una catastrofe economica e sociale ci costringerà tutti a scendere coi piedi per terra e a osservare, tristi e impotenti, le macerie che stiamo allestendo per il domani.
Al seguente link potete vedere il servizio realizzato da UniromaTV dal titolo “La musica dei Pink Floyd”
http://www.uniroma.tv/?id_video=15015
Ufficio Stampa di Uniroma.TV
info@uniroma.tv
http://www.uniroma.tv
è davvero tutta questione di politica prof? comunismo, socialismo, capitalismo….tutti sciacalli e belve, arrivisti o ignari pupi manipolati, la verità è che l’uomo è davvero la bestia peggiore di tutte, forse proprio a causa del tanto venerato cervello avanzato!! Non siamo più solidali tra di noi? e quando mai lo siamo stati? lo abbiamo appena studiato in psicologia, si chiama effetto anonimia: più è grande il gruppo meno ce ne frega!! c’è un modo per risolvere tutto questo? forse, ma questa è solo un’utopia, se si buttasse giù tutto, come quando si cancellano interi pezzi di un tema che non stanno davvero in piedi, e si ricominciasse da capo…..magari con alla guida un pò meno uomini e un pò più di donne!! dico sul serio, non faccio la sessista, anche noi siamo esseri umani e come tali siamo dannatamente attratte dal potere, ma forse abbiamo una nostra sensibilità, una capacità di empatia, che gli uomini non hanno!! ho cominciato a riflettero su questo ascoltando uno degli interventi (uno dei miei preferiti)del radiofonico Jack Folla,intitolato:”Ragazza del terzo Millennio”….lo ascolti, nn è male
Il potere è una brutta bestia che non ha sesso; e la politica è uno dei mezzi per potervi aspirare. Chiunque arrivi a possederlo rischia seriamente di abbrutirsi ancor più di quanto non possa accadere ad un individuo qualsiasi. E non si tratta di esser donne o uomini (basta vedere i vari esempi che abbiamo delle cosiddette “donne in carriera” che troppo facilmente dimenticano la propria natura votata alla sensibilità). Per poter risolvere la questione ci vorrebbero individui illuminati (ma chissà, anche questa è utopia?)… e qui uomo o donna non fa differenza, lo spirito umano (quello che eleva questo essere al divino) non ha un solo sesso ma entrambi insieme; ed è questa commistione che porta alla saggezza.