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Posts Tagged ‘Cyrano de Bergerac’

Laboratorio di scrittura
(testo di Greta)

L’amore è per natura un sentimento complesso che si nutre di passione, di desiderio di scoperta dell’altro, di sintonia; è un incontro tra due menti, due anime, due cuori.
Come può chiamarsi amore la forma?
La forma non è altro che l’involucro di ciò che si cela dietro, è la copertina di un libro magnifico; un libro a cui se non dedichi tempo, se non ti impegni a conoscerne le parole e non ne senti il profumo delle pagine non puoi dire di apprezzar[ne il contenuto], ti nutri dell’umano pregiudizio di giudicarlo senza averlo realmente letto. È come disdegnare un libro piuttosto che un altro perché il titolo non ti aggrada, o il contrario amarlo perché ti colpisce a primo impatto.
L’amore merita molto di più del primo impatto, merita di essere compreso in tutte le sue meravigliose sfumature.
Cyrano, il nasuto protagonista del[l’opera omonima] Cyrano de Bergerac, follemente innamorato di sua cugina Rossana, non le rivela l’amore che prova [per lei], perché [quest’ultima] è invaghita del bello ma stupido Cristiano.
Dopo aver letto la storia che si snoda attorno alle vite di questi tre personaggi mi sorge un dilemma: perché il saggio Cyrano non ha creduto alla forza dei sentimenti piuttosto che all’avvenenza dell’aspetto?
Cyrano aveva dalle sua l’intelligenza, l’astuzia, sapeva parlare d’amore, era puro nell’anima e nel cuore e tutto quello che chiedeva era l’amore di Rossana.
C’era però un dettaglio non indifferente (a suo parere) che gli impediva di dichiararsi: il suo naso. Non era certo bello Cyrano e il suo naso era di grottesche dimensioni; oltretutto era ostacolato dal fatto che Rossana s’era riempita gli occhi della bellezza di Cristiano, e questo le era bastato. Così Rossana aveva già impegnato il cuore, anche se, oltre alla bellezza, desiderava che l’amato le dimostrasse il suo amore parlando in versi. E questo Cristiano non sapeva certo farlo: a riempire le sue lacune era però l’amico Cyrano che, seppur follemente innamorato, lo aiutava con la bella amata scrivendo al suo posto sublimi lettere d’amore (che producevano l’effetto di ammaliare la fanciulla).
Cristiano capì presto che [lo stratagemma] era ingiusto [perciò chiese a] Cyrano di confessare la verità a Rossana. Questo però non fu possibile, [la morte di Cristiano impedì la confessione]. Il motivo per cui Cyrano non volle confessare l’amore che provava era il fatto che un’anima pura e profonda come la sua non poteva abitare in un corpo che non le rendeva onore. Cyrano temeva il rifiuto per il suo aspetto e, anche quando scoprì che a Rossana la bellezza interessava fino a un certo punto, non riuscì a dirle della passione che li accomunava; solo la morte fece il primo passo.
Se fossi stata in Cyrano certamente avrei confessato tutto il mio amore nel modo che mi era più congeniale: le avrei scritto.
Le avrei detto che… < «La poesia della vita la vedo solo in te, nelle pieghe dei tuoi capelli, nella profondità dei tuoi occhi, nelle fattezze della tua anima… perché l’apparire ha una sua rilevanza, ma solo dai 10 ai 20 secondi dopo l’esserci presentati»… >
E poco me ne sarebbe importato se qualcuno si fosse fatto beffe di me per desiderare tanta bellezza e offrirne così poca! Il mio naso può giusto avere la presunzione d’intralciarmi mentre la bacio, non nell’amarla o nell’essere amato da lei!
I maligni mi additerebbero per questo (e per maligni intendo coloro che non si spogliano dei pregiudizi).
La bellezza non è tutto nella vita.
– Ma come può accompagnarsi a una donna così bella una tale bruttezza? – Direbbero.
La bellezza è effimera – risponderei – quello che ho nel cuore invece sarà suo per sempre; sarà suo anche quando le rughe le solcheranno il viso e della spudorata giovinezza non ci sarà più neanche l’ombra. Perché l’amore, a parer mio, non si nutre di estetica ma di sostanza. L’amore ha tante forme e il suo audace colore rosso si smista in tante diverse sfumature… e non è mai superficiale. La conoscenza, il rispetto e la premura sono alla base dell’amore, non [certo] i miei lineamenti, il colore dei miei occhi o la fattezza del mio corpo.
Io stessa però, lo ammetto, avrei un po’ di timore di fronte a tanto spettacolo; ma l’amore è anche avventura, è mistero, è un continuo mettersi in gioco, [perciò] confiderei nel buonsenso della mia amata, o meglio, nella purezza dei suoi sentimenti.
Mai invece avrei accettato di essere apprezzata per il solo fascino della mia persona.
Il miele d’altronde non sarebbe apprezzato se non se ne conoscesse il sapore dolce; sarebbe solo una melma densa e giallastra.
E come disse qualcuno, forse il sagace Oscar Wilde: «meglio essere protagonisti della propria tragedia che spettatori della propria vita».

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Analisi del testo

L’opera di Rostand si apre con una rappresentazione teatrale. La scena si sviluppa nella sala del palazzo (di Borgogna) dove di lì a poco dovrà svolgersi uno spettacolo: il pubblico, quanto mai vario (costituito da borghesi, soldati, ladri), accorre disordinatamente a riempire palchi e platea…

Sono subito manifeste le intenzioni di Rostand: parlare di letteratura attraverso la letteratura. In primo luogo, il personaggio principale del dramma, il Cyrano, è liberamente ispirato ad un personaggio reale, Savinien Cyrano de Bergerac, scrittore e poeta francese vissuto nel XVII secolo. L’apertura dell’opera poi, riprendendo l’espediente shakespeariano del teatro nel teatro, sottolinea con maggiore forza gli intenti dell’autore.
Lo stesso Cyrano non è introdotto direttamente nella scena; è anzi presentato dagli altri personaggi che parlano di lui, narrandone le gesta.
Nella mente del lettore/spettatore comincia così a delinearsi un’idea eroica del protagonista, rafforzata poi dall’irrompere improvviso di una voce che si alza dalla folla: è Cyrano che si manifesta, nello stesso istante, all’opera e allo spettatore. Mostra subito la sua spavalderia e la sua fierezza («Scelsi di distinguermi sempre e comunque potessi»), mettendo ben in luce la caratteristica preminente che lo accompagnerà fino all’ultimo verso: l’attaccamento alla libertà (simboleggiata dal suo “fedele” pennacchio), con la spada sua unica protettrice.

«Io vo’ senza nulla che in me non splenda, senza
ombra; e mi son pennacchio franchezza e indipendenza
».

Con la sua irruzione Cyrano interrompe lo spettacolo appena iniziato e dà avvio alla propria rappresentazione.
È a questo punto che sviluppa la celebre tirata, nella quale in tono amichevole, descrittivo, curioso, vezzoso, truculento, cortese, tenero, pedante, arrogante, enfatico, drammatico, ammirato, lirico, semplice, rispettoso, rustico, militare e pratico, descrive quel goffo naso che si ritrova nel mezzo del suo viso.

Spadaccino versificatore, si cimenta in un “duello in versi”: mentre si batte compone una ballata (in metrica, particolare forma di canzone) con la quale descrive le sue azioni, fino ad affondare la sua lama nel corpo dell’avversario:

«Ecco: io paro, io fingo, io scocco…
[…] Giusto alla fin della licenza io tocco
».

Assistiamo poi alla confessione di Cyrano all’amico Le Bret: «il cor» gli «balza in petto» per l’amore che prova per la bella Rossana e per il dolore che lo affligge per la propria figura munita d’ un’appendice che lo «precede di un quarto d’ora dovunque vada».

Si chiude così il primo atto e il sipario cala anche sull’analisi di esso.

Nel prossimo scritto della sezione troverete il seguito.

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