La Pillola Rossa
Cosa sta avvenendo sul web in questi ultimi giorni? La protesta dei suoi utenti ha dimostrato il suo peso? Ma per cosa si protesta? Per la legge bavaglio?
Il caso Nonciclopedia: Vasco Rossi anticipa la legge bavaglio
Vasco Rossi con la querela dei suoi legali a Nonciclopedia ci ha dato un saggio di quanto potrebbe succedere con l’entrata in vigore della legge bavaglio. Un anno fa infatti ha sporto denuncia contro gli amministratori del sito parodia di Wikipedia; questi, ricevuta un’e-mail di avviso, si erano resi disponibili ad eliminare le parti giudicate offensive dalla pagina dedicata al cantante, ma ciononostante (dopo un anno di silenzio degli avvocati) alcuni giorni fa si sono visti convocati dalla Polizia Postale; intimoriti dall’accaduto, hanno autosospeso il portale con un avviso che ne spiegava le motivazioni. A loro sostegno si sono schierati numerosissimi utenti del web che hanno fatto sentire la loro voce anche in modo alquanto bellicoso: basti pensare che martedì 4 ottobre su Twitter l’hastag #VascoMerda ha raggiunto il primo posto per numero di commenti nel mondo. Un colpo duro per la reputazione del cantante italiano, tanto da indurlo a fare un passo indietro nella vicenda. Pace fatta tra le due parti dunque.
Wikipedia si schiera a favore della libertà di espressione
Ma se questa potrebbe essere definita una piccola schermaglia, lo stesso non può dirsi con quanto avverrebbe nel caso entrasse in vigore la cosiddetta legge bavaglio. A lanciare l’allarme dello scenario che potrebbe presentarsi questa volta è proprio la più grande enciclopedia di tutti i tempi, Wikipedia. Le varie voci presenti su Wikipedia in lingua italiana sono state sostituite, a partire da martedì 4 ottobre, da un comunicato che contesta il comma 29 (cosiddetto ammazzablog) del DDL intercettazioni (o legge bavaglio); eccone alcuni punti cruciali (qui l’intero comunicato):
«L’obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza» perché «in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiedere l’introduzione di una “rettifica”, volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti».
Proteste queste che hanno dato i loro frutti suscitando una notevole attenzione sulla vicenda: sembra infatti che il comma 29 voglia essere limitato alle sole testate giornalistiche che dal canto loro si sono mosse in maniera più soft per lanciare la loro protesta. Che non abbiano avuto il coraggio di rinunciare ai loro introiti per qualche giorno piuttosto che far sentire forte la loro avversione al ddl? Ecco qualche esempio. Repubblica.it ha lanciato una campagna “post-it” contro tali assurdità (eccola). Il FattoQuotidiano invece prosegue con la sua disobbedienza civile (qui l’articolo). Ma probabilmente tali azioni di protesta non sono state sufficienti a far cambiare rotta ad un decreto che rischia di portare alla giungla il mondo dell’informazione (proprio perché un eventuale contenzioso non sarà risolto da una terza parte – leggi giustizia – quanto piuttosto dalla “rettifica” obbligatoria a cui sarà tenuta la testata giornalistica che dovrà necessariamente piegarsi al volere altrui).
Nelle prossime ore conosceremo l’esito della discussione parlamentare: non ci resta che attendere ricordando, come ha già fatto Wikipedia, l’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo:
«Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore».
E l’articolo 21 della Costituzione italiana lo vogliamo proprio cancellare? Per il momento lo troviamo anche sul sito del Senato della Repubblica:
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili».
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